Gli organismi viventi sono programmati per la sopravvivenza: consumano energia e devono continuamente rifornirsene per continuare a sopravvivere: purtroppo rifornirsi di energia, cioè di cibo, costa fatica e consuma energia. Nel regno animale il processo evolutivo ha privilegiato alcuni animali, diventati famosi per la loro lentezza. Il problema è stato risolto con la riduzione al minimo del consumo energetico a riposo: questi bradipi passano la loro vita mangiando, riposando e dormendo. In aggiunta essi sono in grado di regolare la loro temperatura corporea sulla base della temperatura esterna: in questo modo non devono spendere energia per regolare l’omeostasi con l’ambiente.

Nel corso dei millenni, anche gli uomini hanno imparato a minimizzare il dispendio energetico per procurarsi il cibo attraverso forme sempre più avanzate di tecnologia. E tuttavia, la capacità di programmare e pianificare il consumo energetico per procurarsi di che sopravvivere con “il sudore della fronte” è una caratteristica che vede alcuni meno propensi di altri a fare fatica. Risparmiare tempo facendosi mandare il cibo a casa o comprare cibi già pronti se si riesce a entrare al supermercato e preferire farlo tutte le sere anziché una volta la settimana, sono temi all’ordine del giorno sui quali si fa business e crescita dell’economia.

Ma c’è possibilità di un cambiamento per i pigri, coloro che dimostrano una scarsissima propensione all’esercizio fisico? Per intenderci quelle persone il cui ideale è stare sdraiati sul divano, davanti alla televisione con biscotti, schiacciatine di riso o cioccolatini, magari rimuginando sull’ennesimo appuntamento mancato in palestra, in assenza di progetti attivi.

Gli studi sulla attitudine all’esercizio fisico purtroppo ci suggeriscono una componente genetica: una concordanza fino all’80% nei gemelli monozigoti e una variabilità dal 9 al 40% in popolazioni diverse. Alcuni profili genetici sono più sfavoriti rispetto ad altri: i portatori di varianti del recettore per la melanocortina che comportano un deficit della funzione recettoriale manifestano comportamenti di eccessiva ricerca del cibo e conseguente obesità; analogamente i soggetti con varianti dei geni coinvolti nel sistema di neurotrasmissione serotoninergica e dopaminergica manifestano comportamenti di eccessiva aderenza/dipendenza all’esercizio fisico. Questi comportamenti si pongono quindi in una linea di continuità con quelli compulsivi e di addiction alle sostanze di abuso. Molto altro rimane da conoscere nella complessa interazione di fattori ambientali e genetici in gioco. L’accidia che taluni esprimono nella loro inerzia è dunque un peccato e un vizio? Piuttosto sarebbe il caso di considerare che per alcuni fare fatica è più faticoso che per altri.